Lavoro e digitale: l'innovazione parte dalle persone. Le lezioni apprese all’HR Village del Netcomm Forum

“Non basta chiedersi come sono fatte le persone di successo. Per chiarire quale sia la logica per cui alcuni ottengono il successo che sfugge ad altri, dobbiamo chiederci da dove vengono”. Scrive così Malcom Gladwell nel celebre libro Outliers. Vale lo stesso ragionamento per le aziende. Non è un caso che alcune riescano a essere più attrattive di altre, con tassi di coinvolgimento altissimi e ottime performance. E altre no.

Per capire cosa davvero rende alcune organizzazioni migliori di altre, dobbiamo chiederci cosa hanno fatto per diventare così. Qual è la cultura da cui sono nate, quali sono i valori che diffondono, instancabilmente, ogni giorno, e con quali strumenti nutrono il loro “purpose”. Al Netcomm Forum 2025, per la prima volta, si è fatto tutto questo. L’innovazione del capitale umano è stata protagonista dell’HR Village organizzato da Netcomm Forum e GoodJob!, con la partnership di Radical HR in occasione del ventennale dell’evento di riferimento per l’e-commerce, il digital retail e la business innovation.

Con gli interventi di esperti ed esperte del settore (Davide Conforti, managing director di EdflexItalia, Edoardo Binda Zane, Future of Work Learning Consultant di EBZ Coaching, Sonia China, chief innovation officer di Enzima 12, Alessandro Rimassa, founder e CEO di Radical HR, Anna Canal, Brand Manager e Training Specialist di De Rigo, Michele Di Blasio, CIO di Skillsincloud, Davide Maggio, CEO & co-founder di Jobify recruiting, Giuseppe Andrea Pappalardo, HR Manager di Mail Boxes etc. Italia, Enrico Candeo, head of customer success di Making Science, Gianluca Nigro, chief people officer di Cosmico, Dalila Dabbicco, board member di HBS Club of Italy, Camilla Rossini, education and innovation manager, Factanza Academy, Barbara Trabucchi, HR director di Ipsos, Betty Pagnin, founder di Buddyjob ed equity partner di OneDay Group, Alberto Plantamura, wellbeing, welfare e benefit senior manager di SkyItalia, Luca Gironi, people experience manager di Growens, Fabrizio Gallante, managing partner di Skills, Simone Patera, co-founder di Skillvue, Flaminia De Romanis, head of Learning & Development di Valore D, Rosalba Cuffaro, learning designer & facilitator, coach & mentor di AIRSE, Gaia Morselli, senior manager & consulting lead di Great Place To Work e Giulia Lapertosa, co-fondatrice di Carriere.it), abbiamo indagato il futuro del lavoro con “l’approccio Gladwell” e sono emerse cinque lezioni chiave. Andiamo con ordine.

  1. People First non può essere uno slogan: oggi più che mai, investire sulle persone deve essere una scelta strategica basata su ascolto, formazione continua e creatività. Programmi di talent management, laboratori aperti di sperimentazione, esperienze di mentoring e reverse mentoring funzionano solo se il coinvolgimento è autentico e se l’attenzione al capitale umano è reale. Questo non può prescindere dalla leadership a cui si chiede non solo di accompagnare il cambiamento, ma di indicare la strada per una crescita comune, con la consapevolezza che la condivisione dei valori aumenta anche le performance.
  2. La formazione non è un optional: le aziende che non investono seriamente nella formazione si condannano a rimanere indietro. Di conseguenza, a essere meno attrattive. In un contesto segnato dall’avanzare di tecnologie dirompenti accompagnate dalla profonda sfida demografica, analizzare le esigenze formative, mappare le competenze e definire programmi di reskilling e upskilling è imprescindibile. Ma ancora prima di proporre una vasta piattaforma di corsi (che rischia di restare inutilizzata), è fondamentale dotarsi di un approccio votato al “continous learning” (all’apprendimento continuo). Ancora una volta, tornando al libro del noto giornalista e sociologo canadese: “Non ci si esercita quando si è diventati bravi. Ci si esercita per diventare bravi”. E per farlo dobbiamo avere il giusto mindset.
  3. Wellbeing, molto più di un benefit: corsi di yoga, settimane corte, supporto psicologico: non si tratta di compilare la lista della spesa. Una strategia di wellbeing efficace parte dai people manager e dal loro diretto coinvolgimento nell’ascolto dei bisogni delle persone. Solo così, si possono costruire ambienti di lavoro sani e sostenibili. Ambienti, in cui le persone hanno voglia di lavorare. Un approccio attivo al wellbeing, infatti, influisce positivamente su produttività, coinvolgimento, fiducia e retention. Secondo uno studio congiunto di Harvard e MIT, in particolare, una persona appagata è due volte meno assente, nove volte più fedele all’azienda, il 31% più produttiva e il 55% più creativa.
  4. Dalla diversity al pluralismo: se sul tema diversità, equità e inclusione, una parte di mondo rallenta, le aziende italiane ed europee devono accelerare, passando dalla semplice compliance normativa a un vero cambiamento culturale. Non si tratta solo di lavorare per riequilibrare disuguaglianze storiche, pensiamo alla grande frattura del gender gap, ma di fare un passo avanti per abbracciare una visione plurale. È su questo che si gioca il futuro. Chiederci che tipo di aziende vogliamo creare significa, di fatto, chiederci che tipo di comunità vogliamo abitare. E su questo, non possono esserci risposte ambigue.
  5. L’innovazione accelera, se consapevole: nel mercato digitale, innovare è un imperativo assoluto. Se guardiamo alle persone, ridisegnare il modo in cui si cercano e si conquistano i talenti, anche attraverso tecnologie emergenti che mettano in equilibrio approccio scientifico e centralità umana, è una parte del percorso. Un’alleata straordinaria che consente alle organizzazioni di correre più veloci. Ma per far sì che possano andare lontano, l’innovazione deve essere consapevole e intenzionale. E questo, passa ancora – e nonostante tutto – dalle persone.

In definitiva, l’HR Village del Netcomm Forum 2025 ha dimostrato che il vero motore dell’innovazione non è la tecnologia in sé, ma il modo in cui sappiamo abitarla, orientarla, renderla significativa attraverso le persone. Per questo, diventa urgente abbandonare approcci superficiali e investire su ciò che davvero costruisce valore: cultura, formazione, ascolto, pluralismo. Le aziende che sapranno farlo non solo attireranno i migliori talenti, ma svilupperanno la resilienza necessaria per affrontare un futuro sempre più complesso. Perché il successo non è mai casuale: è il risultato di scelte intenzionali, ripetute ogni giorno, all’interno di contesti che coltivano la crescita, individuale e collettiva.

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