Dietro le quinte dell’accessibilità web: guida ai contenuti per tutti

Come sostiene Tim-Berners Lee, il “padre di Internet”, il Web è progettato per essere universale, dunque per includere tutto e tutti. Ciò che è inclusivo riguarda la diversità, la molteplicità di caratteristiche delle persone, garantendo il coinvolgimento di tutte nella massima misura possibile. L’ampio cappello di inclusione e diversità abbraccia il mondo dell’accessibilità, che si focalizza sugli aspetti discriminatori legati all’esperienza utente di persone con disabilità fisiche, mentali, cognitive.

Ponendo l’attenzione sull’accessibilità digitale, una dimensione chiave è rappresentata dai contenuti che devono rispettare specifiche linee guida, il cosiddetto Standard WCAG (Web Content Accessibility Guidelines), definito dal Consorzio World Wide Web (W3C) e in costante aggiornamento, con il continuo rilascio di nuove versioni.

Un punto di partenza essenziale per comprendere appieno come progettare un contenuto accessibile è la consapevolezza dei meccanismi di lettura, sul web e non solo. Leggere è un’attività non naturale, che l’uomo impara nel tempo e che richiede sforzo. Non si tratta di un processo lineare ma predittivo: a colpo d’occhio il lettore capisce la salienza, ovvero il quantitativo di informazioni nella pagina, legge per grappoli di parole, soffermandosi sui primi caratteri, e prevede ciò che seguirà anche grazie alla visione periferica, che consente di cogliere il contesto circostante in cui si inserisce ciò che si sta leggendo.

Tutto questo risulta impossibile o molto difficoltoso per un utente disabile, ad esempio ipovedente oppure con problemi cognitivi, che necessita di tecnologie assistive (come uno screen reader) per fruire ed interagire con i contenuti. Anche utenti non disabili ma anziani, che rappresentano un’ampia fetta della nostra popolazione, leggono parola per parola, senza riuscire a scansionare rapidamente la pagina, alla ricerca di elementi visivi utili ad una comprensione complessiva delle informazioni.

Gli standard WCAG per l’accessibilità web

Gli standard WCAG tengono in attenta considerazione tutti questi fattori e stabiliscono 4 principi chiave che i contenuti, per essere accessibili, devono rispettare:

  1. Percepibile: le informazioni e le componenti dell’interfaccia devono essere presentate in un modo che consenta alle persone di percepirle, ad esempio è fondamentale prevedere descrizioni testuali (alt text in gergo tecnico) per contenuti visivi (come immagini, infografiche), sottotitoli per i video, trascrizioni delle registrazioni audio. Un altro aspetto importante riguarda la scelta di layout, ovvero una disposizione visiva dei contenuti in pagina che non comporti perdita di informazioni (ad esempio quando si applica lo zoom) e ben distinguibile dallo sfondo.
  2. Operabile: l’utente deve riuscire a navigare ed accedere alle componenti dell’interfaccia anche tramite tastiera, sapere in che punto si trova e reperire con facilità ed immediatezza le informazioni. In questo caso occorre puntare su una architettura dei contenuti ben strutturata, che prevede una precisa gerarchia, l’impiego di titoli, sottotitoli, paragrafi e punti elenco, nonché la scelta di link autoconsistenti che, tramite l’uso di parole specifiche e non generiche (come “Scopri di più”), raccontino l’azione che l’utente deve compiere ed il risultato di essa (per esempio dove porta quel collegamento).
  3. Comprensibile: il contenuto deve essere facile da leggere e da capire per tutti. Le regole del linguaggio accessibile sono quelle del “plain language” o linguaggio chiaro, di cui, se ti interessa approfondire, trovi nella rubrica Digilogos un pezzo dedicato. In sintesi, il linguaggio chiaro prevede una sintassi semplice e concisa ed un glossario controllato, che comprende un numero definito di parole comuni che si ripetono quando le occorrenze sono identiche.
  4. Robusto: il contenuto deve essere affidabile e compatibile con le tecnologie assistive. Ad esempio, è opportuno evitare emoji e font speciali e prevedere, a livello di linguaggio HTML (utilizzato per la strutturazione di contenuti su pagine web), degli WAI-ARIA (Web Accessibility Initiative – Accessible Rich Internet Applications). Questi, in buona sostanza, sono attributi semantici che forniscono alle tecnologie assistive – come lo screen reader – informazioni aggiuntive, commentando ciò che è presente in pagina, come una barra laterale di navigazione, il passaggio da un menu principale a un sottomenu e così via.

Spesso pensiamo erroneamente che la disabilità sia un qualcosa che non ci tocchi così da vicino. Al contrario, i dati dimostrano che le persone con disabilità costituiscono la minoranza più grande al mondo che, a differenza degli altri gruppi, è in continua evoluzione: ognuno di noi ne può diventare un membro in vari momenti della vita, a causa per esempio di un incidente sportivo (come la rottura di un braccio) o per il progressivo decadimento di alcune capacità legato all’invecchiamento.

Adottando questa nuova prospettiva, scopriamo che siamo tutti un po’ disabili. La definizione stessa del termine dovrebbe essere rivista sotto una lente diversa: un disabile è tale solo in una condizione ostile, ma può esprimere perfettamente le proprie abilità in un contesto inclusivo e accessibile, che abbiamo il dovere e l’opportunità di costruire per non lasciare indietro nessuno.

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