Fra 20 anni l'Italia conterà quasi 7 milioni in meno di lavoratori

Nei prossimi venti anni la popolazione italiana in età da lavoro, cioè tra i 15 e i 64 anni, calerà drasticamente toccando il picco di -6,9 milioni di lavoratori. Ad affermarlo un instant paper della Fondazione Di Vittorio che incrocia i dati sul calo demografico, la stagnazione dei flussi migratori e i riflessi sul mercato del lavoro.

Da quasi dieci anni la popolazione residente in Italia cala. Il 1 gennaio 2023 l’Istat ha registrato 58,85 milioni di residenti, oltre un milione in meno rispetto al 2014, quando si toccò il picco di 60,3 milioni di persone. Sempre secondo l’Istat, la tendenza per i prossimi anni sarà di un’ulteriore riduzione della popolazione, con una dinamica demografica recessiva che potrebbe risultare, nel 2070, in un numero di residenti pari a 47,7 milioni.

“La diminuzione della popolazione è un fenomeno ormai consolidato”, scrivono gli autori del paper, Beppe De Sario e Nicolò Giangrande, “con evidenti ricadute anche sul mercato del lavoro (gia oggi gli over 50 rappresentano il 39,0% degli occupati). Le previsioni probabilistiche a vent’anni (2043) segnalano una drastica riduzione della popolazione residente di oltre -3 milioni rispetto ad oggi, come risultato di una diminuzione dei più giovani (-903 mila) e delle persone in età da lavoro (-6,9 milioni) è di un aumento degli anziani (+4,8 milioni)”.

Quello che si è perso negli ultimi anni è il fattore equilibratore dei saldi migratori che già oggi, pur rimanendo leggermente positivi, sono del tutto insufficienti a compensare la perdita di popolazione e quindi di lavoratori determinata dal declino demografico.

Le misure avanzate pubblicamente dai governi, blocco delle emigrazioni di giovani italiani e incremento della fecondità, appaiono difficilmente realizzabili. Negli ultimi 10 anni sono stati circa un milione i connazionali che si sono trasferiti all’estero dove cercano e trovano contesti più aperti, contratti più stabili e remunerazioni superiori rispetto all’Italia. Un fenomeno fotografato anche dalla ricerca Ritorni e partenze a Nordest, realizzata da Luca Romano per GoodJob!. Occorrerebbero dei cambiamenti sociali e nel mercato del lavoro molto profondi per invertire la tendenza. Anche l’aumento della fecondità femminile nei prossimi decenni, per quanto possibile, è in realtà solo ipotetico. Per ricostituire una generazione ampia come quella dei loro genitori, la popolazione femminile attuale da 0 a 9 anni dovrebbe abbassare l’età media del parto (oggi è 32,35 anni) e raggiungere un tasso di fecondità pari a 3,3 quando ancora nel 2021 era fermo a 1,25.

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