Solo un'impresa su due svolge indagini sul coinvolgimento dei dipendenti: 10 buone ragioni per farlo

Dopo la pandemia è diminuito il numero di aziende che decidono di misurare il grado di coinvolgimento dei propri dipendenti nei luoghi di lavoro. A dirlo è il Career Wellbeing Report 2023 di Gallagher, secondo cui solo la metà delle aziende statunitensi (51%) ha svolto, nel corso degli ultimi due anni, un’indagine approfondita sul grado di coinvolgimento delle persone, un dato in calo del 15% rispetto ai livelli pre-pandemia quando erano due su tre le organizzazioni made in Usa virtuose (65%) in questo ambito.

In Europa, secondo quanto emerso dal State of the Global Workplace 2023 di Gallup, la situazione è ancora più negativa, con solo il 13% dei collaboratori che si sente coinvolto sul luogo di lavoro: l’Italia è maglia nera con un dato di coinvolgimento dei dipendenti pari al 5%, dietro a Regno Unito (10%) e Francia (7%).

Durante la pandemia i datori di lavoro si sono concentrati maggiormente sulla stabilizzazione della forza lavoro e sulla valutazione del benessere immediato dei dipendenti, mediante sondaggi rapidi, somministrati con maggiore frequenza e di conseguenza le indagini approfondite sul coinvolgimento dei collaboratori sono uscite dall’elenco delle priorità del business aziendale.

Tuttavia, le indagini approfondite e qualificate, per mezzo di confronti con benchmark aggiornati, sul clima organizzativo possono spesso fornire informazioni più ricche e accurate sui livelli di coinvolgimento dei dipendenti rispetto ai sondaggi periodici o ai Net Promoter Scores, mettendo a disposizione del management e degli HR manager una fotografia aggiornata dello stato d’animo della forza lavoro sulla quale poi andare a impostare le strategie migliori per riuscire a colmare le criticità emerse, approntando interventi sul breve e medio-lungo periodo.

Fidelizzazione e attrazione

Le eventuali mancanze di un’organizzazione aziendale sul fronte dell’analisi quali-quantitativa del grado di coinvolgimento dei dipendenti potrebbero avere degli effetti negativi diretti sulle capacità di attrazione dei talenti e di nuovo personale oltre che sul grado di fidelizzazione ed impegno della forza lavoro tanto che nel 2023, secondo quanto riportato da Newsweek, per l’intera economia globale avere dipendenti non impegnati o attivamente disimpegnati è arrivato a costare fino a 8,8 bilioni di dollari in termini di perdita di produttività, una cifra pari al 9% del Pil globale.

«Quando si valuta lo stato di salute di un’azienda è fondamentale conoscere il punto di vista delle persone che quotidianamente vivono quella realtà – dichiara Alessandro Zollo, CEO di Great Place to Work Italia –. L’ascolto attivo dei collaboratori permette di ottenere una panoramica veritiera del clima organizzativo e, di conseguenza, una sorta di fotografia dello stato di salute e del funzionamento di un’azienda. Quando non si vive un ambiente di lavoro sano, l’innovazione e la produttività ne risentono e ciò dimostra quanto sia importante per le aziende investire nell’analisi della “people experience” al lavoro e della messa in atto di politiche di miglioramento continuo che permettano alle organizzazioni di crescere di più e, contemporaneamente, di diminuire i costi legati al turnover e alla perdita di produttività. Un tema centrale e decisivo non solo per le multinazionali e le aziende medio-grandi ma anche e soprattutto per le PMI che sono il cuore pulsante dell’economia italiana e che, non potendo godere di economie di scala, devono obbligatoriamente investire sulla produttività delle persone per poter crescere e rimanere competitive sul mercato».

Pro e contro delle pulse surveys

Molte aziende, negli ultimi anni, hanno aumentato l’ascolto dei dipendenti durante l’intero corso dell’anno mediante la somministrazione di survey rapide per riuscire ad intercettare e rispondere al meglio ai cambiamenti nel sentiment dei dipendenti. Tuttavia, la brevità dei sondaggi e di altri strumenti simili di ascolto dei membri di un’organizzazione può rendere difficile il controllo incrociato delle risposte per verificarne la coerenza, con il rischio di non focalizzarsi troppo su tematiche importanti e decisive per il futuro dell’azienda. In questo senso ecco che le indagini di coinvolgimento più complete, che comunque difficilmente durano oltre i 10 minuti, possono essere progettate per affrontare lo stesso argomento utilizzando diverse vie per garantirne l’accuratezza, senza essere necessariamente lunghe.

Secondo Zollo «anche le survey brevi o pulse hanno un valore importante. Possono infatti essere usate per tastare il terreno su un particolare fenomeno, oppure su una parte della popolazione aziendale o come metro di misura di un’attività scaturita da una prima analisi estensiva. Le pulse surveys sono un importante strumento di controllo e aggiustamento, ma difficilmente sostituiscono modelli completi di analisi dell’esperienza delle persone in un’organizzazione».

10 ragioni per analizzare il coinvolgimento dei collaboratori

Great Place to Work Italia indica 10 buone ragioni per svolgere queste indagini:

  1. Avere un bilancio periodico sullo stato emotivo delle persone che lavorano all’interno dell’organizzazione;
  2. Capire come sta lavorando il management in termini di coinvolgimento verso gli obiettivi aziendali;
  3. Ottenere una solida base di dati su cui poter andare a definire le attività di miglioramento interno;
  4. Avere uno strumento di valutazione sulle politiche di diversità, equità, inclusione e appartenenza;
  5. Confrontarsi con benchmark aggiornati di settore/dimensione locali e/o internazionali;
  6. Aumentare la produttività delle proprie risorse;
  7. Diminuire i costi di selezione e il turnover;
  8. Lavorare sulla dimensione sociale della sostenibilità (ESG: Environmental Social Governance);
  9. Far percepire alle persone di essere ascoltate e di far parte delle decisioni aziendali;
  10. Fornire al management una misura della propria capacità di gestione.

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