Kokono, la culla bio per un nuovo modello di business nei paesi in via di sviluppo

In una delle oltre quaranta lingue diffuse in Uganda, Kokono vuol dire ‘zucca vuota’. Il nome è diventato il concetto alla base della prima culla in materiale biodegradabile prodotta interamente nel paese dell’Africa Orientale, pensata per proteggere i neonati da rischi sanitari e di sicurezza riconducibili alla malaria, attacchi di animali (insetti, rettili e roditori), urti accidentali dovuti ad assenza di elettricità, rischi tipici degli slum e delle zone rurali dei paesi in via di sviluppo. Il progetto è stato ideato e realizzato da De-LAB, società Benefit che punta a farne un modello di business capace di combinare responsabilità sociale e sostenibilità economica nel mondo della cooperazione allo sviluppo. «Vogliamo dimostrare la possibilità di poter fare prodotti con valore economico e al tempo stesso migliorare le condizioni di vita dei paesi in via di sviluppo con modalità alternative alla beneficienza», afferma Lucia Dal Negro, Ceo e co-fondatrice di De-Lab.

Laureata in Relazioni internazionali e Geografia, Lucia Dal Negro ha fondato nel 2014 De-LAB srl Società Benefit, agenzia di progettazione sociale specializzata nel coinvolgimento delle aziende private nei temi del business inclusivo, innovazione sociale e comunicazione etica. Nel 2019 è stata eletta ‘Female Role Model of the Year’ per l’Europa Meridionale all’interno del concorso Global Startup Award; ha vinto il Premio Giovani Innovatori Italiani 2019 e, grazie al progetto Kokono, ha ricevuto la menzione della giuria nel concorso irlandese ‘Business Spirit Award’. Nel 2021 il Comune di Verona l’ha insignita del titolo di ‘Cittadina dell’Anno’. De-LAB ha vinto il premio “B-CORP Best for the World” nell’area Governance.

L’importanza della credibilità

Le abbiamo chiesto di raccontarci il progetto Kokono, come ci è arrivata e quali sviluppi si aspetta. «È necessaria una premessa. De-LAB è un’agenzia di progettazione e di consulenza basata su un’expertise in ambito di cooperazione allo sviluppo. Proprio su queste conoscenze ho basato una riflessione che mi ha portato a considerare tre questioni che credo oggi siano centrali. Primo, un’agenzia di consulenza deve essere credibile, cioè devo sviluppare progetti nei quali crede essa stessa in primis e quindi deve mettersi in gioco». La seconda? «Nelle consulenze di cooperazione servono progetti fatti coinvolgendo i locali nelle operazioni strategiche. Fondi a pioggia e attività che si svolgono per la maggior parte nei paesi di origine di chi li promuove, hanno un impatto pressoché nullo».

La beneficienza crea dipendenza

La terza cosa che Dal Negro ha imparato, è «che la beneficienza crea dipendenza. Se per qualsiasi motivo quel canale si interrompe, tutto torna come prima. Se guardiamo invece alla sostenibilità economica, in poche parole ad un approccio di business che generi dinamiche di mercato, creiamo un modello che invoglia le aziende a investire nei Paesi in Via di Sviluppo secondo i criteri della Cooperazione allo Sviluppo, cioè non per fare internazionalizzazione d’impresa ma per creare valore tramite valori, nel lungo periodo».

Il punto di incrocio delle tre questioni è stato, per Lucia Dal Negro, la culla Kokono. Sviluppata in una delle aree più povere del pianeta e in un settore, quello sanitario, dove oltre ai farmaci non esiste altro strumento preventivo di uso domestico che tuteli la salute e la sicurezza dei bimbi, la culla viene usata nelle abitazioni (poco più di capanne) prive di pavimentazione, dove i più piccoli vivono loro malgrado a contatto con cani, topi, serpenti e insetti, in zone umide e quindi malariche. Il bisogno si radica quindi, ricorda Dal Negro, perché i bambini, compresi i neonati, «passano oltre l’80 per cento del tempo per terra. Grazie a Kokono hanno una struttura protettiva, sono separati dal fango, poggiano su un materassino e hanno una tendina che li protegge dagli insetti. Inoltre, Kokono può essere usato sia come culla che come vaschetta per il bagno o spazio per il gioco».

Un progetto sostenibile in ogni aspetto

Il percorso, ricorda la fondatrice, è stata una vera e propria progettazione partecipata che ha coinvolto quasi duecento persone in quattro differenti aree dell’Uganda per una serie di test del concept iniziale. «Quando abbiamo capito che poteva funzionare abbiamo registrato il brevetto in Italia e in Uganda, come ci è stato richiesto dai partner ugandesi che volevano proteggerlo da copie false». La filiera di produzione e distribuzione è tutta ugandese.

La scocca è realizzata da un’azienda che produce plastica, la  zanzariera arriva da un progetto sociale che dà lavoro a donne in difficoltà coordinato dalla Fondazione Italia Uganda, il materassino è prodotto da una ditta ugandese. «Finora abbiamo allocato 1.300 culle a ospedali, organizzazioni non governative, ma anche a famiglie e persone che ne hanno bisogno, ora stiamo per partire con il prossimo lotto di produzione con il quale vorremmo raddoppiare i numeri, cercando di raggiungere le zone al nord dell’Uganda. Inoltre stiamo lavorando perché le organizzazioni non governative le acquistino e le utilizzino nei loro progetti sanitari».

Un modello per il business accessibile

Kokono, quindi, non è un progetto di beneficienza o un intervento estemporaneo calato dall’esterno. «Anche noi abbiamo goduto di donazioni, non siamo in antitesi al modello pro-bono, ma vorremmo che Kokono funzionasse sul mercato locale, che fosse accessibile alle famiglie ugandesi. Anche perché solo in quel modo possiamo capire se la nostra iniziativa funziona davvero, senza basarsi al 100 per cento su risorse esterne che non chiariscono i motivi per cui il prodotto viene usato nei paesi in via di sviluppo: perché funziona e piace, o perché è gratuito?».

Ora che il progetto prende piede, Dal Negro intravede le possibili ricadute sul resto dell’azienda. «Ci aspettiamo di strutturare un modello che serva da esempio. Vogliamo dimostrare che è possibile fare cooperazione con modelli di business inclusivi ed accessibili, con l’auspicio che possa incentivare altre PMI a lavorare in questo modo. Concretizzando Kokono abbiamo dimostrato la validità delle nostre idee e abbiamo imparato molto, acquisendo competenze molto competitive in termini di innovazione e conoscenza di nuovi mercati in espansione. Agli occhi di chi vorrà testare iniziative simili, cioè sviluppare prodotti in mercati invia di sviluppo con approccio inclusivo e sostenibile, De-LAB offrirà un plus di competenze da mettere a disposizione dei propri clienti».

Una storia di specializzazione

Un altro mattoncino che si aggiunge all’edificio costruito con diversi clienti in questi quasi dieci anni di lavoro. A dispetto delle dimensioni ridotte, De-LAB ha all’attivo collaborazioni e progetti con banche, università, società di telecomunicazioni, istituzioni nazionali. Leggere tra i clienti i nomi di Fastweb, Meinl, Fondazione Cariplo, Gilead, Infinity+ non è esattamente quello che ci si aspetta da un’impresa con sei risorse. «Il punto è che siamo altamente specializzati, non seguiamo le mode e tendiamo a lavorare in modo molto verticale, cioè ad approfondire un settore di lavoro portandovi innovazione, cambiando i processi».

L’azienda si concentra su innovazione sociale, sostenibilità e responsabilità sociale d’impresa, macro temi su cui, sottolinea Dal Negro, «chi ci contatta ha chiaro che agiamo in modo diverso da altri soggetti, non siamo meccanici, li gestiamo in modo tale da diventare elementi di valore per l’azienda». Ad essere vincente in questi anni, sono stati metodi e visioni non classiche, «non lavoriamo in modo standardizzato. È come se adottassimo ogni volta i progetti dei clienti. L’insieme di competenze molto verticali, originalità progettuale e aderenza ai valori in cui crediamo garantisce risultati. Magari sono progetti piccoli ma hanno sempre un valore aggiunto.

Per fare un esempio, Clio Zammatteo (in arte Cliomakeup)  l’abbiamo contattata nel 2014. Noi eravamo appena nati, lei era già popolarissima, ma ha sposato appieno il progetto ‘Voilà’ accettando di diventare testimonial di una nostra campagna a favore dell’integrazione delle persone sorde nella comunicazione online, per la quale abbiamo registrato un nuovo format audiovisivo sviluppato per e assieme a persone sorde».

Sul fronte della sostenibilità oggi c’è un surplus di domanda

Del resto l’orientamento delle aziende in brevissimo tempo si è concentrato sulla sostenibilità generando un surplus di domanda poiché, quasi mai le organizzazioni hanno al loro interno personale specializzato in questi temi. Inoltre, dai consulenti esterni arrivano ancora esperienze diversificate e uno sguardo fresco, cioè molte idee, che le aziende devono ancora maturare. «In effetti c’è ormai la consapevolezza che gli elementi di sostenibilità facciano la differenza sul mercato. Consentono di essere attrattivi verso le persone più preparate e di talento e rispondono alla crescente attenzione dei consumatori. Se il prezzo è ancora una determinante  nella scelta di un prodotto, l’eticità è in veloce ascesa. Infine va considerato che nei rapporti tra loro, le aziende colgono l’opportunità di essere più efficienti: con approcci più sostenibili possono accorciare le filiere di approvvigionamento, fare rete per rimodulare la logistica o, per fare un esempio semplice, mettersi insieme per la gestione dello smaltimento di scarti e rifiuti. In definitiva, approcci etici e sostenibili spesso hanno come effetto non marginale una riduzione dei costi».

Con la consulenza sulla sostenibilità e la responsabilità sociale in forte crescita i rischi di una bolla, «esistono e non si possono nascondere», conclude Dal Negro. «Dieci anni fa quando parlavi di questi temi si sentiva l’eco. Oggi il settore è molto frizzante e ci sono molte più risorse. Oggi ognuno tematizza come può: agenzie di marketing, progettisti, teorici e accademici, ognuno lo fa in modo diverso. Il tema resta cambiare la mentalità delle imprese, e dal lato nostro continuare a specializzarci e a sperimentare sul campo, proprio come abbiamo fatto con Kokono nel settore della cooperazione internazionale».

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