Logos X.0: ragione e linguaggio ai tempi del digitale

Il termine “logos” (dal greco λόγος) racchiude in sé una molteplicità di significati: parola, ragione, discorso, principio ordinatore. Questa ricchezza semantica riflette il ruolo centrale che il logos ha sempre avuto nella definizione dell’umano e del suo rapporto con il mondo. Nell’era digitale, indicata con “X.0” in riferimento alle successive evoluzioni del web e delle tecnologie connesse, il logos assume nuove forme e dinamiche che meritano di essere esplorate.

Nelle sue accezioni di ragione e parola, il logos appartiene all’essenza dell’uomo, definito dal filosofo greco Aristotele come animale politico, nato per vivere in comunità. Siamo per natura esseri sociali e la rete rappresenta lo strumento sociale più potente con cui l’uomo si sia mai confrontato, con conseguenti impatti sulla struttura del pensiero e sulle dinamiche del linguaggio, che sono in continua evoluzione. Realtà, pensiero e parola sono inscindibili e destinati a mutare insieme: alla lingua è collegata, infatti, la nostra esperienza e comprensione del mondo. Come affermato dal linguista e semiologo Saussure, il legame tra nome e oggetto regola i rapporti tra individui nel contesto sociale.

Dalla ragione di Platone alla trasformazione digitale

Nonostante la portata delle innovazioni tecnologiche e i loro effetti sulle nostre capacità cognitive e linguistiche, forse potrà stupire che pensiamo e parliamo come Platone ci ha insegnato. La struttura logico-sintattica “soggetto-predicato-complemento” con cui formiamo le frasi è un’eredità del filosofo greco e sopravvive nell’era digitale, benché il nostro pensiero si sia sensibilmente trasformato, tra luci e ombre.

Da un lato, l’accesso alle informazioni è più ampio e immediato, ma dall’altro, la moltiplicazione incontrollata di voci e fake news rende più difficile verificare l’affidabilità delle fonti e aumenta l’incertezza sulla veridicità delle conoscenze. Inoltre, la transizione da civiltà della scrittura a quella dell’immagine, con un uso diffuso e prevalente di elementi grafico-visuali e animati, ha cambiato il modo di rappresentare e sintetizzare concetti, favorendo nuove espressioni della creatività e lo sviluppo di competenze per l’utilizzo di strumenti sempre più avanzati, grazie all’introduzione dell’Intelligenza Artificiale generativa.

Al contempo, diversi studiosi esprimono preoccupazione per una possibile riduzione delle capacità di pensiero analitico-sequenziale, che si allena principalmente con i testi scritti, tramite lo sforzo di traduzione di una successione di segni grafici in significati complessi. Costruire conoscenza tramite immagini o contenuti audio-visivi potrebbe riportare il pensiero a una forma di intelligenza simultanea, dove il ritmo mentale è dettato dall’emittente e non dal destinatario. Al contrario, chi legge o scrive su carta autodetermina il proprio ritmo di fruizione, comprensione e produzione dei contenuti.

Un nuovo logos

Una delle principali critiche mosse al linguaggio X.0 è il progressivo impoverimento linguistico, in particolare tra le giovani generazioni, che padroneggiano un vocabolario più ristretto. La contrazione del numero di parole conosciute comporta il rischio di ragionamenti meno precisi ed efficaci, dato il legame tra lingua e pensiero. Accanto a questa visione, che considera l’evoluzione del linguaggio digitale come una regressione, esistono prospettive più propositive che accolgono il cambiamento come una trasformazione, non necessariamente in negativo.

Comunicare attraverso l’architettura della rete e i media algoritmici ha dato vita a grammatiche, meccanismi e registri linguistici nuovi e specifici per ciascuna piattaforma. In casi come TikTok, la comunicazione è diventata un vero e proprio atto performativo. Tuttavia, soprattutto verso i social media, restano moniti riguardo la cessione di dati e relazioni personali, attraverso la sottoscrizione dei termini di servizio, accrescendo il valore economico di pochi, grandi player che controllano queste piattaforme.

Sul piano lessicale, il digitale ha portato alla diffusione di nuovi termini. Non si tratta solo di anglicismi o del cosiddetto gergo social della Generazione Z, ma di un logos X.0 che, sorprendentemente, attinge molto dal mondo antico. Questa interpretazione contrasta con il timore di impoverimento linguistico, suggerendo che, sebbene il vocabolario possa sembrare più ridotto, emergono forme originali di comunicazione che mescolano antico e contemporaneo, partecipando al recupero della cultura classica per modellare una forma mentis X.0.

A titolo di esempio, “virtuale” non è solo quanto si contrappone al reale, ma si ricollega al termine latino virtus che identifica la virtù, “social” deriva da “socius” che significa alleato, “digitale” proviene da “digitus”, ovvero dito, evocando l’idea di tocco e contatto diretto, “community” condivide la medesima radice di comunicazione, “cum” e “munus”, riferendosi a uno scambio reciproco di doni, in cui si uniscono impegno e responsabilità.

Comprendere il significato profondo di questi termini e concetti, a partire dall’etimologia, è fondamentale per un’assimilazione consapevole del nuovo logos, traducibile in un sistema di valori e comportamenti etici che  guidino l’uso della tecnologia per una vita comunitaria più ricca e responsabile, sia online che offline.

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