Perché nell’era digitale abbiamo bisogno del capitale semantico? La lezione di Luciano Floridi

A volte serve una parola nuova per comprendere meglio un concetto: capitale semantico è l’espressione coniata da Luciano Floridi, professore di Filosofia ed Etica dell’Informazione, per etichettare il patrimonio di ricchezze intangibili (invenzioni, tradizioni, lingue, culture, arti…) che, in quanto esseri umani, ereditiamo, ridefiniamo e trasmettiamo alle generazioni successive. Accumulare ed arricchire a nostra volta il capitale semantico non è solo un dovere verso chi verrà dopo di noi, ma un modo per dare senso e significato alla nostra vita e al mondo che ci circonda.

Nell’era moderna, dominata dalla presenza pervasiva della tecnologia e del digitale, diventa ancora più rilevante proteggere il nostro capitale semantico: nell’intervista a Mariarita Costanza, CEO della startup Everywhere, trovi un caso concreto di come una società benefit, che offre alle aziende soluzioni su misura per favorire crescita e benessere delle proprie persone, possa concorrere alla tutela e valorizzazione del capitale semantico.

Per comprendere meglio questo concetto, occorre partire da una presa di coscienza importante: non siamo al centro di nulla. Come afferma Luciano Floridi, ci sono state ben 4 rivoluzioni a ricordarcelo:

  • quella copernicana che ci ha scalzati dal centro dell’universo;
  • quella darwiniana che ci ha tolto dal centro del regno biologico;
  • quella freudiana che ci ha rimosso dal centro del mondo mentale:
  • ed infine quella di Alan Turing, che ci ha sradicato dal centro dell’infosfera, ovvero dello spazio informativo dell’epoca digitale.

“Non siamo né bruti né angeli”: scriveva così l’umanista e filosofo Giovanni Pico della Mirandola nella sua “Orazione sulla dignità dell’uomo” (1486). Il professor Floridi ha raccolto e declinato questa definizione nel contesto attuale, parlando di “human beautiful glitch”: in uno scenario globale che vede crescere sempre più il mercato dell’Intelligenza Artificiale, l’umanità non è altro che un bellissimo errore. In poche parole, siamo quel qualcosa che non va nel sistema ed è proprio questa incompiutezza della nostra esistenza a renderci speciali. Siamo eccezionali non per una presenza, ma per una mancanza che, come tutti i vuoti, necessita di essere colmata.

Ecco perché, come ospiti in transito in questa vita, abbiamo bisogno di dare senso e significato a noi stessi e ciò che ci sta intorno: a questo serve il capitale semantico, la cui logica sottesa è primariamente quella della realizzazione teorizzata dal filosofo greco Aristotele nella sua “Poetica”. Con realizzazione si intende un momento di scoperta e riconoscimento che dà un nuovo significato a tutti i fatti antecedenti e successivi, comportando una svolta significativa nella narrazione. Un celebre caso di realizzazione avviene nel film Guerre Stellari quando Luke Skywalker e Leia Organa scoprono di essere fratelli.

I classici sono una vera e propria riserva “open source” del capitale semantico: come sostennero Italo Calvino e Umberto Eco, possono essere letti e riletti ed ogni volta offrono sempre qualcosa di nuovo. Floridi li definisce anche “resource” ovvero risorse capaci di dare senso e significato a noi stessi e alla realtà. Questa riflessione accende un faro sul valore della cultura umanistica oggi, per acquisire gli strumenti critici necessari a pensare, capire e gestire, adottando nuovi linguaggi e paradigmi, le grandi trasformazioni in corso.

In un mondo dove i confini tra il digitale e il fisico si dissolvono e le informazioni sono onnipresenti e interconnesse, noi stessi siamo organismi informazionali, che elaborano e scambiano informazioni, in modo continuo con altri esseri umani e con le macchine. Le ICT digitali (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) diventano quindi parte integrante della gestione del capitale semantico: si tratta di una situazione senza precedenti, anticipata dal filosofo francese Michel Foucault, che già affermava che alcune tecnologie sono ego-poietiche, ossia contribuiscono a formare l’io. Ed è proprio ciò che accade oggi con le ICT, in grado di abilitare su scala il processo di autocreazione di noi stessi.

In questo presente digitale complesso e in costante mutamento, in cui la tecnica da strumento nelle mani dell’uomo è diventata il soggetto della storia, viviamo una sorta di appiattimento del mondo a cui noi uomini, in quanto “errori di sistema”, continuiamo ad opporre resistenza. È proprio in quello spazio di distacco tra noi e il mondo che risiede il capitale semantico, quella risorsa transitoria che ereditiamo e tramandiamo senza possedere mai, ma con cui, se instauriamo un dialogo proattivo, riusciamo ad acquisire autoconsapevolezza e dare senso a tutte le altre cose.

 

Foto di copertina: Luciano Floridi, Human Digital Transformation, 15 gennaio 2018 Sala della Regina Camera dei Deputati Roma Italia. Photo Francesco Pierantoni, CC BY 2.0 DEED Attribution 2.0 Generic

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