Dal quiet quitting al quiet hiring

“Quiet hiring”, ovvero, fuori dagli anglicismi: “assunzioni silenziose”. Gartner, in tempi non sospetti, aveva detto che sarebbe stata la tendenza principale del mercato del lavoro nel 2023. In un certo senso, l’antitesi del “quiet quitting”, gli abbandoni silenziosi. Ovvero, ciò che accade se le organizzazioni coltivano le loro persone anziché lasciarle andare. Vediamo perché.

Cosa si intende per assunzioni silenziose

Anzitutto: per assunzioni silenziose intendiamo quel processo tale per cui l’azienda anziché acquisire nuovi candidati sul mercato, attraverso un processo di selezione esterno, sceglie talenti che ha già nella sua squadra per ricoprire determinate posizioni. È come se un allenatore decidesse di cambiare le posizioni di alcuni giocatori per rafforzare volutamente alcune aree.

Ora, i vantaggi per le aziende sono evidenti: evitano, ad esempio, i costi del recruiting e non solo in termini economici, ma anche e soprattutto in termini di tempo. Le energie richieste per la fase di “onboarding” ovvero di ingresso di una nuova persona in un team, sono altissime.

Questo è vero in particolare per le realtà che hanno una cultura aziendale in cui credono. Per chi, invece, ragiona solo in termini di numeri, la questione ovviamente è diversa. Ma diversi saranno anche i risultati legati al turnover, ovvero al tasso di ricambio del personale.

I vantaggi per i dipendenti (se motivati)

Guardando ai vantaggi del “quiet hiring” per i dipendenti, la questione si fa più complessa e anche qui gioca un peso determinante la componente valoriale dell’azienda per cui si lavora. Se l’impresa identifica alcune persone particolarmente talentuose e decide di assegnare loro ulteriori compiti per presidiare aree attualmente scoperte e lo fa senza coinvolgerle, potrebbe creare una frattura nel rapporto di fiducia con il dipendente che, anziché valorizzato, potrebbe sentirsi sfruttato.

È fondamentale quindi, come ricorda Emily Rose McRae, direttrice senior di Gartner che per prima ha parlato di quiet hiring, comunicare apertamente con i dipendenti quali sono le priorità e le scelte strategiche dell’azienda, dunque perché decide di spostare temporaneamente alcuni dipendenti in altre aree.

Compensi e incentivi

Inoltre, è bene accompagnare questi cambiamenti con compensi commisurati o altri incentivi come ferie, orari flessibili o bonus una tantum. Viceversa, è facile presumere che l’azienda stia semplicemente caricando una forza lavoro già stremata con ulteriori pesi, anziché assumere personale extra.

C’è chi potrebbe dire: “Non è una novità, si è sempre fatto così, soprattutto nelle realtà più piccole”. È vero, ma il cambiamento sta nel fatto che adesso le assunzioni silenziose sono diffuse a ogni livello e, in un certo senso, sono necessarie: l’attuale incertezza economica e la carenza di talenti rendono indispensabile ricorrere a soluzioni alternative.

Far crescere nuovi leader

Per trarre realmente vantaggio dalle assunzioni silenziose, però, le organizzazioni dovrebbero sfruttare anche un terzo elemento (oltre a coinvolgimento e meccanismi di reward), ovvero la leadership. Chi è responsabile di una certa area dovrebbe creare opportunità di crescita e sviluppo per le proprie persone attraverso il coaching e i feedback.

In questo modo, non solo i dipendenti percepirebbero un supporto nel percorso di sviluppo professionale, ma le stesse aziende avrebbero una schiera di talenti da cui attingere in caso di necessità.

In un’epoca in cui è difficile trovare personale qualificato, dunque, una strategia di questo tipo potrebbe essere potenzialmente molto utile purché non si tratti solo di “rimescolare le carte”, ma di identificare il talento altrui, curarlo e accompagnarlo in tutte le fasi evolutive.

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