Giovani e carriera: usare il Design Thinking per progettare la propria vita

La contaminazione di competenze, ambiti e saperi è in grado di produrre risultati sorprendenti. Lo sanno bene Bill Burnett e Dave Evans, che, mettendo a frutto l’esperienza maturata come innovatori di prim’ordine nella Silicon Valley, hanno lanciato il programma formativo “Designing your Life”, diventato presto uno dei corsi più popolari ed ambiti tra gli studenti del Campus della Stanford University.

Il corso mira ad insegnare ai giovani come ideare il proprio futuro (professionale e non solo) attraverso un approccio “unconventional”, che applica il processo del Design Thinking alla progettazione di una vita che si possa definire appagante e felice, in quanto dotata di senso e di coerenza tra ciò che si è, ciò che si fa e ciò in cui si crede. Già gli antichi Greci chiamavano la felicità “eudaimonia”, che significa buona disposizione del proprio demone interiore e quindi autorealizzazione, da perseguire esercitando la virtù della “giusta misura”: essa comporta il buon governo di sé, fruendo di ciò che è ottenibile e non desiderando ciò che è irraggiungibile.

Ma cos’è esattamente il Design Thinking?

Si tratta di una metodologia, largamente utilizzata da designer e innovatori, per generare idee e soluzioni con un approccio collaborativo, iterativo e flessibile, che combina discipline differenti (ad esempio business, marketing, tecnologia) per definire un set di possibili soluzioni ad un problema e testarle mediante l’uso di prototipi fino ad arrivare a quella più efficace. In gergo, questo processo viene definito “test & learn”: il suo alto grado di versatilità lo rende perfetto per un contesto volatile come quello digitale, segnato da una costante evoluzione tecnologica che richiede una forte adattabilità al cambiamento.

In questo scenario, è necessario tenersi aperte più strade, senza mai scegliere la prima alternativa: generare più idee significa poter accedere alle migliori. L’esplorazione concreta di ogni alternativa è un passaggio altrettanto cruciale perché solo attraverso l’esperienza diretta si matura la conoscenza. L’errore, in questa filosofia, diventa opportunità di apprendimento e miglioramento invece che motivo di biasimo o di giudizio.

Perché è importante il Design Thinking?

I principali vantaggi di questa metodologia in termini di problem solving e di innovazione sono:

  • la centralità e soddisfazione dell’utente: non si inizia mai dal problema ma dalle persone, per sviluppare soluzioni capaci di rispondere ai loro bisogni e desideri. In questo senso, il Design Thinking è una vera e propria scuola di empatia;
  • la riduzione di tempi, costi e rischi: il coinvolgimento dell’utente sin dal principio, la realizzazione di prototipi e le fasi di test consentono di individuare e correggere da subito eventuali problemi o limitazioni, prima di investire risorse ingenti nello sviluppo completo di una soluzione che non è in linea con le esigenze degli utenti;
  • la creatività multidisciplinare e sistemica: il Design Thinking incoraggia il lavoro di squadra, il coinvolgimento e lo scambio tra risorse con differenti prospettive e background per favorire l’identificazione di nuove connessioni e la conseguente generazione di idee più complete ed innovative.

Come si applica il Design Thinking ai progetti di vita?

I problemi di vita non sono tanto dissimili da quelli del design e, in quanto tali, richiedono un pensiero fuori dagli schemi per essere affrontati e risolti. Gli insegnamenti di Burnett ed Evans capovolgono le logiche tradizionali, mettendo in discussione tutto uno spettro di credenze limitanti e condizionamenti legati alla carriera e alla sfera personale, che spesso ci immobilizzano.

A questo proposito, il reframing o riformulazione si rivela una delle attitudini mentali più importanti per progettare bene la propria vita. Non si tratta di un mero esercizio linguistico: riformulare significa assumere nuove informazioni sul problema e ridefinire il punto di vista, scoprendo il giusto problema su cui porre l’attenzione.

Facciamo un esempio: molti credono che serva sapere di cosa si è appassionati per iniziare un percorso di successo. Attraverso il reframing è possibile adottare un’altra prospettiva, confermata anche dalle ricerche di mercato, secondo cui la maggior parte delle persone non ha una chiara visione di dove andare perché è appassionata a cose diverse. La passione è il risultato, non la causa: bisogna procedere per tentativi per scoprire ciò che funziona davvero per noi e va bene così.

Un buon life design prevede una vita produttiva, ossia costantemente creativa e in evoluzione, dove non manca l’effetto sorpresa. Servono una buona dose di curiosità, predisposizione all’azione, consapevolezza e collaborazione radicale. La vita, come il design, non è un progetto che si porta avanti da soli, ma si fonda su una fertile co-creazione con il proprio team di amici, familiari, collaboratori e mentori, che ci accompagnano lungo un viaggio entusiasmante, costellato di avventure e sbagli da cui trarre lezioni per migliorare.

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