
Guida alla Company Culture: la leva strategica per il futuro del lavoro
“La cultura mangia la strategia a colazione”, scrive l’economista Peter Drucker. Niente di più vero oggi. Viviamo in un’epoca complessa, instabile e volatile in cui spesso proprio la cultura aziendale diventa la “reason why”, la “ragione primaria”, per scegliere un’organizzazione, e non lasciarla. Non è un caso, infatti, che la company culture sia uno dei cinque temi chiave del 2025, come afferma la società di consulenza globale Gartner. La ragione è chiara: con l’AI che è entrata prepotentemente nel mondo del lavoro, l’instabilità geopolitica e la profonda spinta al cambiamento dettata dalle nuove generazioni, la cultura diventa il vero vantaggio competitivo per ogni organizzazione che voglia guardare al futuro con innovazione e sostenibilità.
Ma di cosa parliamo quando parliamo di cultura?
C’era una volta il manifesto dei valori. Ma attenzione, la cultura aziendale non è un insieme di parole chiave da incorniciare nella hall della propria azienda. È, invece, l’essenza stessa dell’organizzazione, ciò che la rende unica o, come afferma Deloitte: “Il suo sistema operativo non scritto” frutto di un insieme condiviso di valori, comportamenti, norme e pratiche. Per questo può essere composta da molteplici “microculture” che rappresentano la poliedricità di una comunità aziendale e, al tempo stesso, la sua complessità. Il professore di Harvard Michael McCarthy sostiene che essa sia “l’impegno affinché ogni persona nell’organizzazione, compresi i dirigenti senior adottino un comportamento coerente con i valori”. Per questo, il ruolo della leadership è cruciale della diffusione della company culture.
Ne vale la pena?
Lavorare sulla cultura non è semplice, ma il suo impatto è ampiamente dimostrato: le aziende con una cultura coinvolgente registrano tassi di turnover inferiori fino al 40% e attirano candidati/e più motivati; creano team più coesi e produttivi; sono più aperte e più innovative, ma al tempo stesso, vengono percepite come “spazi sicuri” da chi le abita. Il tutto, con un’evidente eco positiva in termini di reputazione. Numerose indagini, infatti, dimostrano che i dipendenti che si sentono legati alla cultura della propria organizzazione hanno quattro volte più probabilità di essere coinvolti sul lavoro e quasi sei volte in più di consigliare il proprio posto di lavoro ad altri.
Come si traduce la Company Culture?
Per indagare i come costruire una cultura aziendale coerente ed efficace, abbiamo intervistato Raffaella Bossi Fornarini, Professoressa di Transizione Organizzativa alla Graduate School of Management del Politecnico di Milano (trovi l’intervista qui sotto).
Con esempi concreti, ha chiarito come la cultura aziendale non possa essere imposta dall’alto, ma vada costruita con le persone che compongono quella determinata organizzazione. A partire dalla misurazione della condizione attuale, passando per l’ascolto e la valorizzazione dei singoli e per il pieno coinvolgimento delle e dei leader, che possono essere visti come architetti della cultura azienda (e a volte anche come i loro sabotatori). Altrettanto cruciale è il ruolo della comunicazione, dei processi aziendali, dei percorsi di riconoscimento e crescita. Ognuno di questi elementi è un mattoncino che contribuisce a plasmare la cultura aziendale.
La company culture è, quindi, una delle poche bussole affidabili per orientare le scelte, attrarre i talenti giusti e garantire sostenibilità nel tempo. Non è solo un “tema HR”, ma una leva strategica generare un impatto positivo di lungo periodo.