People analytics & wellbeing: la nuova frontiera dell’HR

Non è più solo questione di welfare o buoni pasto. In un mercato sempre più fluido e competitivo, sono le organizzazioni che sanno prendersi cura delle persone a distinguersi. E non solo in termini di clima: fino al 21% di profitti in più, 59% in meno di turnover (fonte: Gallup), maggiore attrattività per i talenti (fonte: McKinsey). Eppure, solo il 30% delle aziende ha capito l’importanza di avere dei programmi strategici dedicati al benessere.

Ma come trasformare il wellbeing in una cultura aziendale solida, misurabile e condivisa?  Di tutto questo si è parlato in occasione di Wellbeing R-Evolution, evento organizzato da Trainect, società che si occupa di migliorare il benessere organizzativo grazie a tecnologie, strumenti per la misurazione e professionisti certificati. «A oggi si parla ancora poco di wellbeing e a questo tema non viene data l’importanza che meriterebbe. Eppure, è fondamentale creare una cultura del benessere aziendale più solida e al passo con i tempi» – ha chiarito Alberto Ronco, CEO di Trainect e autore del libro Wellbeing Revolution.

«Negli anni ’60, Adriano Olivetti ci aveva già indicato la via, ma poi, la cultura aziendale è cambiata. Negli anni ’90 l’America ha reinterpretato quel concetto con le big tech che hanno proposto un benessere fatto di biliardini e bibite gratis. La pandemia, a sua volta, ha rimescolato le carte e ci ha fatto riscoprire bisogni, aspirazioni, necessità. All’improvviso abbiamo capito che il wellbeing non è fatto di gadget, ma di sicurezza psicologica, tempo di qualità, senso e cultura» – ha aggiunto Matteo Sola, esperto del mondo HR e advisor di Trainect.

Il corporate wellbeing, oggi

 Per costruire una strategia efficace di wellbeing non esistono regole universali: ciò che fa la differenza è l’ascolto dei bisogni delle persone e la personalizzazione delle risposte. Dinamiche in cui la tecnologia può essere d’aiuto con tool di employee sensing che grazie all’AI possono aiutare a definire soluzioni più efficaci. Un filone su cui sta lavorando la società di consulenza Deloitte, come condiviso da Marco Guadagno, Head of HR Systems, HR Analytics & Organization di Deloitte. Il Wellbeing, infatti, ha bisogno di strumenti utili a misurare la propria efficacia, con metriche, KPI e strumenti per dimostrarne l’impatto reale.

Un impatto che parte dal coinvolgimento di tutto il capitale umano. Una sfida soprattutto per le aziende che hanno modalità organizzative ibride o che hanno buona parte delle proprie persone dislocate sul territorio, come nel caso della casa farmaceutica Astellas. Per Giusi Ciarcia, Associate Director, Commercial Strategy, Planning & Internal Communications di Astellas Pharma, infatti, per riuscire a tenere alti i tassi di attenzione ed engagement, è utile lavorare con team cross funzionali e mettere in campo dei veri e propri ambassador del benessere.

L’importanza del management

Altrettanto centrale è il ruolo dei manager, come ricordato da Riccardo Caserini, Senior Account Director di LinkedIn, secondo cui è fondamentale fare formazione proprio a questa funzione affinché non agisca come un collo di bottiglia, ma anzi, si faccia a sua volta promotrice di benessere aziendale. Un benessere che, per Chiara Serranò, Culture, Well-Being & Digital Experience di Automobili Lamborghini, non può prescindere dall’analisi dei dati qualitativi attraverso analisi di clima, focus group e strumenti di ascolto e misurazione. Solo così il wellbeing può essere molto più di un catalogo ed entrare a far parte della cultura e del purpose aziendale.

Visione simile anche per Alberto Plantamura, Wellbeing, Welfare & Benefit Senior Manager, SKY Italia, gruppo che ha lanciato da propria strategia di wellbeing già da oltre cinque anni e che ha già intercettato i prossimi trend per il futuro, tra cui: personalizzazione, supporto intergenerazionale per genitori e caregiver. E poi ancora: benessere finanziario, sostenibilità umana del lavoro e, ancora una volta, centralità dei dati per definire KPI chiari e condivisi.

Tra corporate wellbeing e sanità pubblica 

Ad accelerare la crescita dei programmi di corporate wellbeing in futuro sarà, secondo Andrea Porcu, Direttore Generale di Santagostino, il cambiamento in corso nel sistema sanitario nazionale. Le aziende dovranno sempre più agire come intermediarie, occupandosi della salute e del benessere delle persone, ad esempio con supporto nella medicina territoriale, con coperture ambulatoriali e programmi di salute mentale. Chi lo farà, avrà un immediato vantaggio competitivo, assicura Porcu.

Anche se la sfida è complessa: non solo sarà necessario sopperire il sistema sanitario nazionale, ma bisognerà farlo in modo competente e appropriato. E al momento, solo il 30% delle aziende, secondo gli ultimi dati Hays Italia, ha all’attivo programmi per migliorare la qualità della vita dei propri collaboratori. Eppure, gli ultimi dati di Confindustria affermano che nel 2024, almeno il 34% delle lavoratrici/lavoratori italiane/i ha lasciato l’azienda per cercare migliori opportunità. Un dato che porta anche diverse problematiche economiche e strutturali per le aziende.

Come misurare l’efficacia del wellbeing

Misurare il benessere significa ascoltare in modo strutturato e continuo. Non si tratta solo di fare survey, ma di creare un sistema integrato di ascolto che unisca dati quantitativi (engagement, assenteismo, utilizzo benefit) e qualitativi (feedback, sentiment, racconti). Un approccio, questo, evidenziato da Christian Di Prima, ricercatore e docente in Performance Management & Leadership all’Università di Torino e da Virginia Hautmann, Well-being Specialist in Automobili Lamborghini.

Per Chiara Antonioletti, Wellbeing & Executive Coach, e Stefano Pardi, General Manager, consulente strategico ed Executive Coach, inoltre, è cruciale diffondere consapevolezza e visione su questo tema. Serve un approccio che sul medio e lungo periodo abitui le persone a formarsi costantemente e ad essere protagoniste della propria crescita in prima persona. Un approccio al “self-learning” in cui formazione e cultura del benessere si alimentano a vicenda. Per questo, l’attivazione quotidiana è il cuore pulsante della strategia. Un aspetto ribadito anche da Rita Rossi, People Engagement & Wellbeing Advisor in Save The Children, e Andrea Sanchirico, Innovation Manager & People Development in HRZ spa. Aderire a un programma, infatti, non basta. Bisogna sentirsi pienamente responsabili di tutto ciò che rende l’organizzazione un luogo in cui vivere e lavorare bene. Ambassador, peer support, gamification e community sono strumenti che possono aiutare, così come l’attenzione consapevole sviluppata attraverso la mindfulness.

«Con Trainect lavoriamo per analizzare il livello di benessere in azienda e strutturare, grazie alla tecnologia e ai nostri esperti, dei piani per migliorarlo. Parlare di benessere nelle organizzazioni significa affrontare sfide complesse, che richiedono visione, responsabilità e coraggio. In definitiva, non è una questione di benefit – conclude Alberto Ronco – ma di cultura. Non è un extra, ma un fondamento per crescere in modo sano e sostenibile. Perché prendersi cura di sé, degli altri e dell’ambiente di lavoro deve essere una responsabilità condivisa. Un modo di essere, prima ancora che una strategia».

 

In copertina: Alberto Ronco, CEO di Trainect e autore del libro Wellbeing Revolution

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