
Potere alla creatività: la meta-competenza strategica per persone e aziende
L’ascesa dei media digitali e la moltiplicazione delle piattaforme hanno determinato un boom della creatività, segnando il passaggio da una comunicazione “push” a una “pull”, in cui gli utenti divengono co-creatori di contenuti e co-narratori di storie accanto a marche e organizzazioni. A ciò si aggiunge la forza trasformativa dell’Intelligenza Artificiale (IA) generativa, che impatta il lavoro umano, sul piano cognitivo e creativo. Questi strumenti supportano la produzione di diversi tipi di contenuti, fornendo materiale utile al pensiero. Sebbene, al momento, questo alleato tecnologico non minacci di sostituire l’uomo, è essenziale comprendere come collaborare al meglio con l’IA, mettendo a frutto le abilità prettamente umane che ci rendono unici, come la capacità creativa e immaginifica.
Anche le aziende, così come gli individui, devono essere una “macchina dell’immaginazione”, concetto esplorato da Martin Reeves, presidente del BCG Henderson Institute, e Jack Fuller, esperto di neuroscienze, nel loro omonimo libro. Secondo gli autori, le aziende in grado di cooperare efficientemente con l’IA e di far nascere nuove idee potranno costruire un futuro che resti a misura d’uomo. L’immaginazione è una leva strategica, spesso sottovalutata, per il successo aziendale: anche le imprese più performanti devono reinventarsi costantemente per rimanere rilevanti e competitive di fronte a sfide complesse. Ciò richiede un utilizzo sistematico dell’immaginazione per stimolare la crescita, attraverso un percorso in 6 fasi: seduzione, alimentata dalla sorpresa per ciò che è insolito e inatteso; pattern thinking, che combina modelli di pensiero per generare idee; collisione dell’idea con il mondo reale; diffusione dell’idea in evoluzione per promuovere un’immaginazione collettiva; trasformazione dell’idea in una nuova normalità; iterazione del processo.
Questo approccio propone una visione più ampia di immaginazione e creatività, spesso considerate abilità destrutturate e irrazionali, appannaggio di pochi geni individuali o di settori “creative-intensive”, come il design e l’arte. In realtà, esse sono riconducibili a un processo strutturato con logiche, strumenti, competenze e flussi specifici, capaci di arricchire e attraversare tutte le industry.
In particolare, la creatività è un’attitudine umana innata legata alla necessità di adattarsi alle circostanze e risolvere problemi. Si tratta di una capacità che coniuga intelletto e immaginazione con diverse declinazioni: sensibilità e osservazione dei problemi da angolazioni inusuali, astrazione, curiosità sistematica, desiderio di apprendere dagli errori, originalità del pensiero, fantasia, sintesi e analisi, organizzazione nuova di esperienze e conoscenze, combinazione inedita di elementi già esistenti.
Date queste caratteristiche, la creatività è definibile come una meta-competenza, un’abilità trasversale a individui e organizzazioni, applicabile a ogni ambito dell’attività umana, come scrive Annamaria Testa, giornalista, docente e consulente di comunicazione per le aziende, nel suo blog Nuovo e utile. Esiste anche una forma di creatività quotidiana, con una significativa valenza sociale. Ogni volta che superiamo un ostacolo e inventiamo qualcosa che migliora la nostra vita o quella altrui, stiamo esercitando la creatività. Questa pratica avviene spesso in logica partecipativa, all’interno di gruppi, dove la diversità rende più rigoglioso il germoglio creativo, sfatando il mito secondo cui la creatività è prerogativa esclusiva del genio isolato. Al contrario, essa trova terreno fertile nello scambio di prospettive, nell’incontro di competenze, nell’interazione tra più menti, nella collaborazione di persone e team.
Se la relazione è una condizione chiave per generare idee, non si può prescindere dal linguaggio, come primo abilitatore dei legami umani. Testa evidenzia un nesso bidirezionale tra parola e creatività: da un lato, il linguaggio dà forma ai pensieri, sviluppa concetti astratti e crea cultura condivisibile; dall’altro, è “espressione e dono della creatività collettiva e individuale”. Parlare o scrivere, correlando parole in sequenze nuove, oppure interpretare quelle altrui è un gesto creativo, che riporta l’attenzione sull’importanza di dialogo, ascolto, lettura e scrittura.
Un altro volto della creatività, enfatizzato sia da Testa che da pensatori illustri del calibro di Henri Poincaré e Steve Jobs, è la valorizzazione di creatività non necessariamente come creazione ex novo bensì come “ars combinatoria” di elementi già noti, ma sparsi e in apparenza scollegati tra loro. Nel 1906, Poincaré, matematico e fisico francese, scriveva nella sua opera “Scienza e Metodo” che l’essenza del gesto creativo risiede non solo nella generazione ma nella scelta di combinazioni inedite che siano al contempo belle e utili. Jobs, l’inventore della Mela, pur incarnando l’emblema del genio creativo, concepiva la creatività come l’arte di connettere le cose.
Questa accezione di creatività, come associazione innovativa di idee e concetti, presenta un confine labile con l’innovazione incrementale per brand e aziende, intesa come la capacità di prendere a prestito, migliorare e rendere fruibili le risorse disponibili dai mondi che ci circondano, favorendo le contaminazioni e mantenendo uno stato di flusso con le persone, i contesti e la vita in cui siamo immersi. In sintesi, innovazione incrementale significa fare meglio ciò che già si fa, come l’algoritmo di Netflix, che affina le raccomandazioni per renderle sempre più personalizzate, o i nuovi modelli di iPhone, che ogni anno potenziano fotocamera, batteria, processore e esperienza utente.
In circostanze più rare, le organizzazioni sperimentano innovazioni radicali, che comportano cambi di paradigma, ridisegno dei modelli di business, apertura di nuovi mercati, come accaduto con Amazon e Tesla. Trasformazioni di tale portata richiedono di superare barriere organizzative e affrontare rischi e costi elevati, rendendo più difficile il loro successo. Usando una metafora sportiva, l’innovazione incrementale è allenare un fondamentale specifico, quella radicale è inventare un nuovo schema di gioco. In entrambi i casi, la creatività, come attitudine strutturata, si conferma cruciale: cambia il raggio d’azione, ma il metodo di base rimane invariato, esigendo una tensione costante al miglioramento, tramite esercizio e pratica continui. In questo viaggio, vincoli e confini stimolano e orientano il processo creativo. Per reimmaginare o infrangere le regole, bisogna prima conoscerle. Lungi dall’essere un atto istintivo, la creatività richiede studio, preparazione, approfondimento e competenza.
Nella riscoperta degli orizzonti della creatività, è utile rivolgere uno sguardo a quei popoli, i Greci e i Romani, cui dobbiamo una ricchissima eredità culturale, costituita da invenzioni e strumenti di pensiero, che spaziano dalla filosofia al teatro, dalla democrazia alla retorica, dal diritto all’ingegneria urbanistica. Nel mondo classico, la creatività aveva un significato diverso da quello moderno, ma altrettanto valido come spunto di riflessione attuale. Aristotele annovera tra le virtù dell’anima la techne, che oggi traduciamo come arte e tecnica, definendola un abito della ragione pratica. Essa esprime la capacità di produrre secondo un pensiero vero, includendo sia le arti utili, come la medicina, che quelle belle, come la poesia.
Gli antichi greci valorizzavano l’abilità artigianale e la competenza tecnica guidate dalla ragione e rispettose di canoni, regole e proporzioni, un’idea ben lontana dalla creazione ex novo e originale tipica del genio creativo. L’artista, infatti, imitava la natura, rivelando forme già esistenti, o creava la sua opera su ispirazione divina delle Muse. L’assenza di interesse per l’originalità rispetto alla copia è ancora più evidente nel mondo romano, dove l’arte si sviluppa attraverso l’imitazione dei modelli dei grandi maestri greci. Tuttavia, è importante sottolineare che si tratta di una riproduzione e rielaborazione creativa: i Romani si distinsero per la loro abilità nel combinare in modo inedito stili e linguaggi espressivi diversi, in funzione del messaggio specifico – celebrativo, commemorativo, didattico – che intendevano trasmettere con le loro opere. Un vero e proprio esempio ante litteram di ars combinatoria.