Basilio Tabacchi, professione mago: «Vi spiego come si diventa prestigiatore in carriera»

«Da grande farò il mago». Lasciamo immaginare ai lettori quante possibilità ci siano per un bambino di quinta elementare, a metà degli anni Settanta a Sottocastello di Cadore – 500 anime nel profondo nord di una delle province più periferiche d’Italia – di realizzare tale proposito.

«Era un po’ come dire ‘voglio fare l’astronauta’, ti prendi gli sguardi accondiscendenti dei genitori che in realtà sperano nel posto fisso: se tutto andrà bene, farai magie a girare carte in un ufficio o alla pompa di benzina del paese». Invece, Basilio Tabacchi, il sogno lo ha realizzato eccome e lo ha portato a esibirsi nei principali teatri italiani ed europei, in numerose trasmissioni televisive nazionali. Nel 2017 è stato selezionato nel cast di Supermagic, la principale rassegna di magia internazionale che si tiene ogni anno a Roma. Da oltre due decenni è diventato un punto di riferimento per gli spettacoli allestiti nelle navi da crociera in tutto il mondo.

Lo intercettiamo in una pausa nel porto norvegese di Oslo per farci raccontare una storia che ha saputo incrociare alla passione, tenacia, applicazione costante e studio, tanto studio.

Certo che dopo aver fatto televisione e spettacoli in teatro finire sulle navi da crociera, un po’ come il Berlusconi ai tempi d’oro, non è il massimo.

Non diciamo fesserie. I teatri delle navi da crociera oggi sono i più ambiti dagli artisti e per molte ragioni.

Immagino paghino bene.

Sì ma quello è solo uno dei motivi e fa il paio con il fatto che le produzioni televisive sono precarie per natura. Cambia un produttore o un conduttore, e tu sei a piedi. Le altre motivazioni sono strettamente professionali. Dentro le navi ci sono veri e propri teatri con schiere di tecnici e professionisti che ti assistono. La tua fantasia non ha limiti, puoi proporre qualsiasi variante allo spettacolo, qualsiasi integrazione, puoi chiedere scenografie, fondali, musica. Solo io ho a disposizione cinque tecnici per il suono e le luci. E poi i teatri sono predisposti per 800, 1.000 o più persone e sono sempre pieni. Per chi lavora sui palcoscenici è il massimo.

A terra il panorama è così diverso?

Partiamo col dire che un prestigiatore deve coniugare più abilità. Uno spettacolo di soli ‘trucchi’ non regge. Io mi sono specializzato in spettacoli che coniugano la comicità alla magia e che si incastona perfettamente nel cabaret. Peccato che il cabaret sia completamente sparito, non solo in Italia, dai teatri e dalle produzioni televisive. In televisione comunque, occasionalmente si trova spazio ma, ripeto, i cachet sono ridotti e negli anni le apparizioni si contano sulle dita di una mano. Un tempo c’erano i night club, fino agli anni Novanta circa erano uno sbocco importante per gli artisti, non solo emergenti. Poi ci hanno messo le entraineuse e con le signorine è finita la poesia, l’arte e tutti noi ci siamo trasferiti altrove.

Riavvolgiamo il nastro e proviamo a ripartire dall’inizio. Come si diventa mago o, meglio, prestigiatore professionista?

Ci vuole amore per l’arte, ma poi quel sentimento deve incrociare alcune strade e, va detto, ci vuole anche un po’ di fortuna. Da adolescente avevo il tarlo fisso della magia ed ero un po’ lo zimbello dei miei coetanei. Però all’istituto tecnico di Belluno, dove studiavo da perito elettronico, il mio compagno di banco mi rivela che un suo zio ha una scuola di magia ad Ancona. Lo torturo fino a quando non mi detta l’indirizzo dello zio a cui scrivo una bella lettera di presentazione. Dopo quindici giorni senza risposta ne scrivo una seconda, poi una terza e infine una quarta. Il destinatario è Giuseppe Bressan che di mestiere fa il ferroviere ma ha la passione per i giochi di prestigio e ha una sorta di scuola per piccoli maghi e talenti che vogliono partecipare ai concorsi di magia in Italia.

Alla fine ti ha risposto?

Credo per sfinimento, conservo ancora la sua lettera in cui mi dice che è vinto dalla mia ostinazione. Comincia a inviarmi ogni settimana una lettera battuta a macchina con delle lezioni di magia: presentazione dei trucchi, disegni, giochi di carte. L’estate successiva per un mese faccio il manovale per guadagnare qualche soldo e per il resto sono ad Ancona ospite di Bressan che oltre agli insegnamenti mi offre un tetto e tre pasti al giorno. Per diversi anni è andato avanti così. D’inverno studiavo sui disegni di Bressan e sui manuali che mi facevo spedire per corrispondenza dagli Stati Uniti, e ovviamente ho dovuto imparare l’inglese. In estate stavo ad Ancona e facevo una sorta di corso accelerato.

Quindi hai imparato il mestiere e hai cominciato a lavorare?

Calma, mettere insieme un po’ di trucchi non fa di te un professionista. Aspiravo a fare il mestiere vero, non l’amatore, non volevo fare matrimoni, cerimonie e compleanni, l’unico sbocco possibile era per me il palcoscenico. Dove serve uno spettacolo e bisogna rispettare delle regole, tempi, retorica, colpi di scena, narrazione. Ne sapevo zero e per fortuna me ne resi conto presto. Così mi sono iscritto alla scuola regionale di teatro, riuscendo a entrare nei 27 selezionati tra i 300 candidati grazie a un monologo che avevo scritto di mio pugno e che avevo provato decine di volte a casa fino a esaurire mia madre. La scuola mi ha aperto il mondo, perché ho imparato le regole della recitazione e le basi della comicità: il nostro cabaret ha dei riferimenti diretti con la Commedia dell’Arte. E poi mi ha tolto definitivamente la paura del palco.

La scuola è stata utile anche per le relazioni?

Certamente, infatti poco dopo riesco a diventare autore per un mago che è ospite fisso alla trasmissione televisiva “Il grande gioco dell’oca”. Lo studio di Cinecittà dove si girava è per me una scuola impareggiabile, la tv è diversissima dal teatro, non c’è spazio per l’improvvisazione né per l’imprevisto. Dai testi ai tempi, tutto è calcolato nei minimi dettagli ed è di una complessità formidabile, da quell’esperienza ho davvero imparato tantissimo.

Potevi rimanere? 

Probabilmente sì, facendo altra gavetta e accettando il precariato. Ma avevo necessità di essere più stabile e di guadagnare di più. Avevo sentito che sulle navi da crociera, all’epoca un settore emergente, cercavano artisti per l’intrattenimento serale. Montai degli spezzoni di spettacolo su delle videocassette e li mandai alle principali agenzie che reclutavano personale per le crociere. Attenzione, era l’inizio degli anni Novanta, internet esisteva all’insaputa della maggior parte delle persone del pianeta. Quindi siccome le compagnie di navigazione erano italiane, francesi e statunitensi, mandavo una cassetta in formato™vi PAL per l’Italia, una in Secam per la Francia e una in Ntsc per gli Stati Uniti. A casa ho ancora il videoregistratore multistandard che mi costò un occhio della testa.

Fu una specie di azzardo lasciare la via tracciata per un settore completamente nuovo?

In un certo senso sì, ma non per le ragioni che uno si può immaginare. Il fatto è che dopo le prime due o tre crociere, che andarono bene, mi proposero il giro del mondo in nave. Otto mesi in mare e spettacoli sette giorni la settimana. Puoi immaginare i salti di gioia che ho fatto. Peccato che mi accorsi, dopo aver firmato il contratto, che la nave era francese, il pubblico francese e gli spettacoli ovviamente in lingua transalpina. Sapevo dire a malapena oui e non, ma non mi persi d’animo. Provai con un’insegnante privata nelle settimane precedenti la partenza, quindi mi arresi e mi feci tradurre lo spettacolo parola per parola. Il giorno della partenza salgo sulla nave e il responsabile dell’intrattenimento ci mette dieci minuti a capire che non capisco una parola di francese. Lo tranquillizzo, gli mostro la cassa con i dizionari e porto avanti il mio spettacolo. All’inizio la gente rideva per la mia ‘interpretazione’ della lingua, credo di aver sbagliato due accenti su tre. Però, dopo tre mesi parlavo francese con tutti e dopo cinque ero la leggenda della nave. Da lì in poi è stata tutta in discesa, ho voluto imparare anche lo spagnolo e il tedesco e gli incarichi sulle navi si sono moltiplicati.

Come è cambiato il lavoro in questi decenni?

Fino a 15 anni fa, oltre agli attrezzi di lavoro e qualche vestito, a bordo portavo una cassa con i dizionari, un piccolo televisore, un microfono, i libri di magia. Ora mi sta tutto nel telefono e se mi sono dimenticato qualcosa, beh, trovo anche quella.

Quali sono le fatiche del tuo lavoro che dall’esterno non si vedono?

Il palcoscenico è la fine del lavoro, a monte c’è tantissima ricerca e la necessità di mantenersi aggiornato per non invecchiare. Bisogna studiare sempre nuovi approcci, perché i gusti del pubblico cambiano, lentamente ma cambiano, bisogna curare la musica, scrivere i testi e spesso non prendere per buona la prima, la seconda e neanche la terza versione. Poi bisogna montare tutte queste parti e cercare di renderle coerenti e piacevoli. Quando vai in scena la prima volta e prendi il primo applauso, ti assicuro, è una sorta di liberazione. Da mettere in conto anche le fatiche fisiche e la disciplina per reggere tanti anni a questi ritmi. Conta che per interi mesi fai colazione, pranzo e cena al ristorante, rimanere in forma non è semplice, soprattutto quando non controlli il livello di grassi che mettono nei cibi. Altro capitolo gli spostamenti, da inizio anno ho perso il conto degli aerei presi 100, 120? Saltare di palo in frasca da un posto all’altro del mondo è eccitante a trent’anni, meno a 57 con il consueto carico di 72 chili su tre valigie.

Come si diventa prestigiatore professionista oggi? Esistono una scuola e percorsi più lineari rispetto a quelli che hai fatto tu?

Oggi purtroppo si brucia un po’ tutto. Abbiamo a disposizione una grande quantità di informazioni di cui si fa indigestione e sembra che bastino pochi video per formarti. Nella nostra epoca il libro era la fonte dell’apprendimento. Oggi il video ti dà un prodotto finito che vedi, giudichi e senti e dà la convinzione di avere in mano tutto ciò di cui c’è bisogno. Forse non ci si prende il tempo di capire a fondo le cose. Il rischio è di imparare poco. Per fortuna in Italia c’è il Club Magico Italiano, un college per i giovani appassionati di magia, e poi ci sono tanti concorsi e opportunità dove cominciare ad esibirsi.

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