Cos’è successo al lavoro? 2023, l’anno di non ritorno

Hybrid work, age gap, Gen AI: il mondo del lavoro non è più lo stesso. E non tornerà a esserlo. Se gli anni pandemici avevano segnato una prima, forte, frattura rispetto al “way of working di una volta”, il 2023 ha messo in chiaro, definitivamente, che nulla sarà più come prima. E il 2024 non farà che confermare questa tendenza. Messe al bando le ultime resistenze, ciò che resta da fare è prepararci per affrontare la nuova era del lavoro.

Talent shortage: ne abbiamo parlato molto, rendendo il tema oggetto anche del primo tavolo di lavoro di GoodJob!. I dati, del resto, sono chiari: secondo le stime del World Economic Forum entro il 2030 il talent shortage riguarderà più di 85 milioni di persone. Già oggi, tre aziende su quattro non riescono a trovare i profili di cui hanno bisogno. È una sfida che le organizzazioni continueranno ad affrontare anche nel 2024 e che le porterà a definire strategie sempre più accurate per la talent attraction.

Una strada che le aziende dovranno necessariamente percorrere è quella dell’HR marketing: ovvero, raccontarsi pubblicamente, con coerenza e autenticità, per coinvolgere i collaboratori già presenti e attrarne di nuovi. Al contempo, proseguirà la tendenza del quiet hiring, ovvero delle assunzioni silenziose, con tutti i pro e i contro del caso (come vi abbiamo raccontato qui). Il quiet quitting, di contro, perderà di rilevanza. E non solo perché non è una novità dell’ultimo minuto, dato che il “lavorare sonnecchiando” è un modus operandi esistito da sempre, ma soprattutto perché a esserne svantaggiati saranno in primis i lavoratori. Nel nuovo mercato del lavoro, con un livello di competitività sempre più alto, lo scarso impegno diventerà un boomerang.

Sarà, invece, sempre più importante dimostrare coinvolgimento e propensione all’apprendimento. Le competenze non sono mai state così preziose e al tempo stesso fuggevoli. E non solo perché le assunzioni saranno sempre più skills based, ma anche perché l’impatto delle nuove tecnologie – intelligenza artificiale generativa, in primis – sarà così forte che formarsi sarà l’unico modo per evitare di essere travolti. Certo, la stessa formazione è cambiata e continuerà a cambiare, diventando sempre più smart e personalizzata. I modelli da seguire? Spotify e Netflix, come ci ha raccontato Luca Mastella, fondatore di Learnn.

La Generative AI sarà il vero banco di prova del lavoro che verrà: secondo un’indagine Manpower e EY, otto lavori su dieci saranno profondamente impattati dall’intelligenza artificiale generativa. Molti processi diventeranno più efficienti, veloci e trasparenti, liberando tempo ed energie per attività a maggior valore aggiunto, ma alcune attività scompariranno definitivamente. Essere preparati per gestire una rivoluzione dirompente per come quella dell’AI è cruciale. Le prime competenze da allenare? Quelle umane. E non c’è settore che ne sia escluso, neanche il recruiting.

Green Jobs: chi è alla ricerca di nuove opportunità, è qui che deve guardare. Le professioni della sostenibilità conosceranno una crescita straordinaria e, a differenza di ciò che si potrebbe pensare, non richiederanno solo competenze verticali, ma skills trasversali. Questo è un ambito con cui anche HR e leader dovranno confrontarsi: introdurre la sostenibilità nella propria azienda, creando politiche ad hoc (e di conseguenza posizioni di responsabilità per tali aree) aumenterà il valore dell’azienda stessa, ne migliorerà la reputazione (con i clienti ma anche sul mercato finanziario) e fungerà da elemento di attrazione in fase di assunzione.

Continuerà a conquistare spazio, poi, tutto ciò che attiene alla sfera psicofisica, quindi: salute mentale, benessere, work-life balance. La risposta che le aziende saranno chiamate a dare è composta da due dimensioni: ascolto e sperimentazione. L’ascolto è fortemente richiesto dai lavoratori che dalle aziende vogliono essere visti per ciò che sono a 360 gradi e non solo a livello professionale. La sperimentazione è ciò che ne consegue: ovvero, l’apertura a nuovi modelli, più flessibili e capaci di rispondere alle nuove esigenze. E nessuna realtà può sentirsi esclusa, come dimostrano i casi di Lamborghini e Luxottica che sulla settimana corta fanno scuola.

Parliamo di misure essenziali soprattutto per i lavoratori più giovani, categoria in crescita nel mondo del lavoro. Entro il 2025, infatti, il 75% della forza lavoro dei Paesi Ocse sarà composta da Millennials (nati tra i primi anni Ottanta e la metà degli anni Novanta) e il 25% da Gen Z (nati tra il 1997 e il 2012). Per la prima volta, cinque generazioni convivranno in uno stesso ambiente di lavoro (oltre a Millennials e Gen Z, anche Silent Generation, Baby Boomer e Gen X): ad HR e recruiter il compito sfidante di capire come mettere in relazione le rispettive culture, creando ponti che superino l’Age gap.

A fare da fil rouge, la DEI: le politiche di diversità, equità e inclusione (a cui abbiamo dedicato uno speciale) saranno centrali per ogni organizzazione che voglia guardare al futuro, attrarre e fidelizzare i propri collaboratori o quelli che verranno. La DEI è un tema chiave per tutti ma, ancora una volta, soprattutto per le nuove generazioni che valutano già in fase di assunzione l’attenzione alla leadership paritaria e alla creazione di un ambiente inclusivo.

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