Paradosso Gen Z: sarà un terzo della forza lavoro nel 2030, ma metà è pronta a lasciare la propria occupazione entro 6 mesi

Quando si parla di forza lavoro del futuro, la Generazione Z (i nati fra il 1996 e il 2010) è destinata a giocare un ruolo sempre più centrale: secondo ManpowerGroup, nel 2030 costituirà circa un terzo degli occupati a livello globale. Eppure, i dati raccolti nell’indagine “World of Work for Generation Z in 2025”, presentata alla conferenza “The Exchange” di Milano, mostrano come molti giovani stiano affrontando difficoltà nel proprio ambiente lavorativo, faticando a immaginare un percorso a lungo termine all’interno delle aziende dove lavorano oggi.

Analizzando più nel dettaglio i dati di Manpower, in Italia il 49% degli intervistati ha dichiarato di voler abbandonare la propria posizione entro i prossimi sei mesi, un dato che si allinea alla media globale per gli stessi appartenenti alla classe di età del 47%. Un terzo ritiene addirittura che dovrà farlo per cause di forza maggiore, mentre soltanto un quinto si sente davvero sicuro di riuscire a trovare rapidamente un impiego adatto alle proprie esigenze. La fotografia conferma un trend internazionale: i più giovani restano in azienda per periodi brevi e valutano con attenzione nuove opportunità.

Engagement in discesa

Rispetto a cinque anni fa l’engagement verso il datore di lavoro è sceso dal 40% al 35%. Le motivazioni indicate dagli intervistati riguardano soprattutto la percezione di un minor supporto da parte dei manager, la riduzione delle occasioni di formazione e crescita e un legame meno forte con la “mission” aziendale. In altre parole, molti Zoomer non si sentono coinvolti nei progetti e nelle prospettive dell’organizzazione.

A questa dinamica si aggiunge un livello di stress più elevato rispetto ad altre generazioni: il 57% dei Gen Z italiani riferisce alti livelli di pressione sul lavoro, contro il 44% dei baby boomer. La salute mentale, elemento che negli ultimi anni ha acquisito sempre maggiore importanza nelle politiche HR, rappresenta dunque un fattore determinante nella scelta di restare o meno nel proprio ambiente lavorativo.

Come rispondono le imprese

Consapevoli del rischio di perdere competenze preziose proprio mentre il mercato lamenta carenza di profili qualificati, molte aziende si stanno muovendo con politiche di retention nei confronti dei giovani lavoratori. In Italia il 37% delle imprese ha introdotto iniziative di benessere in ufficio e migliorato le dotazioni tecnologiche; il 28% ha puntato su programmi di upskilling e reskilling rivolti ai più giovani; orari flessibili, percorsi di carriera chiari e leve retributive completano il set di azioni citate dalle organizzazioni.

Uno spazio per la leadership futura

Secondo ManpowerGroup, attrarre e trattenere la Gen Z non è soltanto una questione di turnover. Nei prossimi cinque-dieci anni questi lavoratori assumeranno ruoli di coordinamento e guideranno la trasformazione digitale in corso. Creare ambienti in cui possano crescere, confrontarsi con il management e vedere riconosciuto il proprio contributo significa investire sulla leadership di domani. Per le imprese italiane, conclude lo studio, la sfida è aperta: il tempo per costruire un rapporto solido con la nuova generazione è adesso.

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